un certain regard · tiziana musi

L’opera in esposizione fa parte di una serie - esistono altre tre più piccole su carte - che si ispira al racconto L’Amant di Marguerite Duras. Un racconto di appena 100 pagine. Scrittura fotografica, rapsodica, una sorta di collage di ricordi frammentati dove spazio e tempo confluiscono in un magma di coscienza tra l‘io lirico e una terza persona alla ricerca proustiana del tempo perduto. La Duras considera questo racconto, tra autobiografia e fiction, il più lieve dei suoi scritti, nonostante la sua struttura densa di sentimenti, e sensazioni contrastanti; il racconto usa metafore e simboli per l’arcaica Indocina, rappresentata da un ricco cinese negli anni ‘30 e il mondo contemporaneo, rappresentato da una ragazza quindicenne francese, dove il flusso del tempo narrato travolge e sconvolge ogni cosa, addirittura la propri esistenza, e l’esistenza dei due amanti, così diversi, così uniti.

Edith Urban è una raffinata ascoltatrice di musica, una eccentrica lettrice di testi poetici, drammatici e da un cadenza sonora, da una frase estrapolata dal contesto scaturisce l’imput al processo creativo che la porta davanti alla tela bianca: la prepara con una particolare pasta bianca dando forma a una superficie tattile, ottenendo così delle strutture ritmiche. A volte usa delle sagome, delle pattern che nel processo dell’elaborazione possono sparire oppure comparire modificate nel tessuto pittorico. Il risultato è la materializzazione di una sorta di collage tridimensionale dove il colore e il tratto ritmico delle forme accentuano il segno della sua pittura.
Quindi, elementi che fanno scaturire il processo creativo, ed è cifra personale di Urban, sono frammenti, ossia citazioni di un testo in musica, di un testo poetico, un testo letterario, inseriti nella trama pittorica oppure come nel quadro in esposizione, diventa firma dell’opera, la citazione di Duras: è ispirazione, è filo rosso, è profonda emozione, è riflesso di lettura, è ascolto.
Quando la carica emotiva del testo si svuota anche la serie - con lavori su carta, tela o legno - si esaurisce. Così con i frammenti lirici di Li-YoungLee, quelli di Lou Reed, una breve citazione di Tennessee Williams, frammenti di Wolfgang Rihm/Heiner Müller, la Jalousie di Goebbels/ Robbet-Grilland e ritagli poetici di Michael Cunningham, Luigi Trucillo, Sonia Gentili.
La pittura di Edith Urban riflette nel suo processo creativo un diario personale d’ascolto e di letture, cesellato nel tessuto pittorico.
Perché questo frammento, questa citazione .. l’histoire de ma vie n’existe pas - ça n’existe pas …della Duras ha suscitato una così forte emozione nell’artista da creare una serie di lavori?
Marguerite Duras carica i flussi narrativi con quelli emotivi in una sorta di vortice, in un’atmosfera d’affanno, come volesse nella sua ricerca spasmodica del tempo unire passato, presente e futuro dove la vita di ciascuno è soltanto un granello nell’ingranaggio della storia.
L’opera di Edith Urban, al contrario, rallenta e addensa gli elementi narrativi sulla superficie pittorica in un collage emotivo completamente all’opposto. Qui, non si percepisce quest’ansia per l’inesistenza della propria storia ma l’artista sa creare una atmosfera di armonia levigata, tra colore e segno pittorico che non ha limiti, che esce dalla superficie creata a passe-partout.

Come se la sua pittura evocasse le ninfee di Claude Monet, altro artista francese.
Dalla fine degli anni 1890 fino alla sua morte nel 1926, il pittore ha dedicato i suoi ultimi trent’anni alla pittura delle ninfee, con quasi 300 quadri, anticipando e avvicinandosi sempre di più all’attrazione pittorica.

Edith Urban immerge la sua opera in una luce di trasparenza acquatica, sulla superficie i riflessi di una delicata trama di elementi pittorici circondati da ricami traslucidi, richiami delle Seerosen, straordinari fiori dei infiniti colori disposti liberamente sulla tela. Qui l’artista si libera con grande serenità dalla rigida disposizione su carta da musica per partiture, così spesso usata per delle opere precedenti.

La citazione preso dal testo di Marguerite Duras, il frammento estrapolato ha forse sollecitato in Edith Urban una trasposizione pittorica opposta, una rappresentazione emotiva del romanzo con un’altra esegesi: l’histoire de ma vie existe - ça existe.

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